Il cd. rent to buy – disciplinato dal d.l. 12.09.2014 n. 133, convertito in legge 11.11.2014, n. 164 – è un contratto atipico che si situa a metà strada tra la locazione e il preliminare di vendita di un immobile: come nel caso della locazione, infatti, con il rent to buy una parte cede in godimento un bene immobile ad un’altra, dietro il pagamento di un canone mensile; la differenza rispetto alla locazione sta nel fatto che nel rent to buy il conduttore, dopo un determinato lasso di tempo, ha la possibilità di acquistare l’immobile, detraendo dalla somma totale una parte dei canoni versati.

Questi ultimi, infatti, sono solitamente più consistenti rispetto ai “normali” canoni di locazione, poiché constano di due componenti: una parte, infatti, viene versata a titolo di canone locativo (a fondo perduto), e un’altra parte viene accantonata in conto di futuro acquisto.

È importante sottolineare che – a differenza di quanto accade con il contratto di compravendita – il conduttore conserva soltanto la facoltà di acquistare l’immobile; nel caso in cui decidesse di non esercitarla, quindi, non sarebbe soggetto ad alcuna forma di responsabilità, e il rent to buy assumerebbe sostanzialmente le forme del classico contratto di locazione.

Il termine entro il quale il conduttore può decidere di acquistare l’immobile è stabilito contrattualmente dalle parti, ma non può in ogni caso essere superiore ai dieci anni dalla stipula.

Per il resto, lo schema contrattuale previsto dalla legge è particolarmente flessibile e permette alle parti di determinare liberamente, oltre alla durata del godimento del bene, la quota di canone in conto di futuro acquisto, le eventuali penali ed ipotesi di recesso, la cessione del contratto e gli effetti dell’inadempimento.

In caso di inadempimento del conduttore-futuro acquirente, il contratto si intende risolto quando il mancato pagamento (anche non consecutivo) riguarda una quota di canoni pari ad un ventesimo del loro numero complessivo; in tale ipotesi, il venditore ha diritto alla riconsegna dell’immobile e a trattenere la parte dei canoni versati per il godimento dello stesso. Al contrario, qualora il contratto dovesse risolversi per inadempimento del venditore, questi dovrà restituire la quota dei canoni imputati a corrispettivo di vendita, maggiorata degli interessi legali.

Il decreto regola quindi le conseguenze dell’inadempimento di una delle parti, lasciando comunque ai contraenti la possibilità di derogare alla disciplina legislativa, stabilendo ad esempio ulteriori motivi di risoluzione o modificando gli effetti dell’inadempimento.

 

Parere a cura dell’Avvocato Filippo Genovesi