1) L. Balduzzi cenni; 2) L. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco; 2.1) Responsabilità penale; 2.2) Responsabilità civile; 2.2.1) Garante per il diritto alla salute; 2.2.2) Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria e tentativo obbligatorio di conciliazione; 3) Obbligo di assicurazione.

 

1) L.Balduzzi cenni:

La previgente L. 189/2012, c.d. legge Balduzzi, regolava la colpa medica e prevedeva: “L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento delle proprie attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”; ciò significa che il sanitario che si attiene alle linee guida risponde penalmente solo per colpa grave.

I principi cardine che hanno caratterizzato la L. Balduzzi sono:

  • le linee guida: presupposto principale perché si risponda solo per colpa grave;
  • la colpa grave: che secondo la giurisprudenza unanime, si ha quando il sanitario si attiene alle linee guida e non avrebbe dovuto e qualsiasi altro sanitario si sarebbe reso conto della necessità di disattendere le linee guida in quel determinato caso concreto (macroscopiche specificità del caso concreto);
  • l’applicazione della legge alla sola forma dell’imperizia, con l’esclusione delle altre due forme (negligenza ed imprudenza), con la precisazione che se il sanitario non si è attenuto alle linee guida, risponde penalmente a prescindere dalla forma (negligenza, imprudenza, imperizia) e dal grado della colpa (grave o lieve).

Sinteticamente: il sanitario che si attiene alle linee guida risponde penalmente solo per imperizia grave, che si ha quando il sanitario non si doveva attenere alle linee guida per le macroscopiche specificità del caso concreto.

Quindi, la L. 189/2012 si caratterizzava negativamente per due limiti alla tipicità colposa: da un lato, la valorizzazione delle linee guida e delle pratiche terapeutiche, purché corroborate dal sapere scientifico; dall’altro, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave, per la prima volta normativamente introdotta nell’ambito della disciplina penale dell’imputazione soggettiva.

2) L. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco:

Dopo tre anni di iter parlamentare e progetti di legge che si sono sovrapposti e fusi ha preso forma ed è stata approvata la L. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco, che introduce novità di rilievo. Tale legge reca “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionali degli esercenti le professioni sanitarie” e modifica sensibilmente tanto il precedente sistema civile quanto il sistema penale e si pone l’obiettivo di ridurre il contenzioso nonché di garantire un più efficace sistema risarcitorio nei confronti del paziente in caso di evidenti vicende di mala gestio.

2.1) Responsabilità penale:

Quanto alla responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, bisogna innanzitutto richiamare l’art. 6, L. 24/2017 poiché introduce l’art. 590-sexies rubricato: “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”.

Quest’ultimo prevede che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Evidenti sono le differenze con la precedente previsione normativa:

  • nessun riferimento alla colpa grave;
  • la norma si riferisce ai soli casi di omicidio colposo e lesioni colpose;
  • le linee guida e le buone pratiche sono definite e pubblicate ai sensi di legge, come previsto dall’art. 5 della legge in commento.

Le linee guida, quindi, assumono nuovamente un ruolo di assoluta centralità e costituiscono il vero punto d’incontro tra le due riforme.

L’Istituto superiore di sanità pubblicherà, poi, sul proprio sito Internet gli aggiornamenti e le linee guida indicati dal Snlg (Sistema nazionale per le linee guida) previa verifica di conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dall’Istituto stesso.

Dall’analisi del novum legislativo emerge che per linee guida deve intendersi l’insieme delle raccomandazioni comportamentali sulla base delle quali verrà valutato l’operato del sanitario tanto nel contesto della colpa penale, quanto nella responsabilità civile (v. art.7, co. 3 che prevede la rilevanza dell’osservanza delle linee guida nella valutazione del danno).

Quanto alla colpa, è venuta meno la contestata gradazione, ma ancora non si riconosce una vera e propria presunzione assoluta di irresponsabilità connessa all’applicazione delle linee guida. Residua, quindi, per il Giudice, la possibile valutazione in ordine all’adeguatezza delle linee guida rispetto al caso concreto e, con essa, la possibilità di una valutazione “autonoma”.

Il rischio è duplice. Da un lato l’accertamento colposo relativamente alla valutazione sull’adeguatezza del caso concreto piuttosto che essere effettuato ex ante (come dovrebbe essere!), potrebbe esser effettuato ex post; dall’altro la giurisprudenza, di fronte alla verificazione di un evento morte o lesioni “a causa di imperizia”, potrebbe essere tentata di concludere sempre per l’inadeguatezza della scelta operata.

In materia processuale penale, invece, è stata introdotta un’unica novità riguardante la specializzazione dei tecnici chiamati a coadiuvare il giudice penale nell’accertamento della responsabilità dei sanitari.

A mente, infatti, dell’art. 15 della riforma, tanto nei procedimenti civili quanto in quelli penali “aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi […]”. I successivi commi 2 e 3, richiamando l’art. 67 att. cp.p., di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (nonché l’art. 13   delle disp. att. c.p.c., di cui al regio decreto 18 dicembre 1941), descrivono con tono imperativo come devono essere tenuti gli elenchi degli iscritti, con l’intento di limitare la discrezionalità dei Giudici e dei PM.

2.2) Responsabilità civile:

Numerose novità riguardano anche la responsabilità civile della struttura sanitaria e dell’esercente la professione sanitaria.

2.2.1) Garante per il diritto alla salute:

I cittadini, innanzitutto, avranno la possibilità di rivolgersi al GARANTE per il diritto alla salute (art. 2, L. 24/2017): difensore civico che può essere adito gratuitamente direttamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

2.2.2) Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria e tentativo obbligatorio di conciliazione:

Novità di rilievo per i casi di medical malpractice, invece, è disciplinata dall’art. 7, L. 24/2017 che introduce il doppio binario dell’azione di rivalsa, prevedendo che:

  • il medico risponde per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. à onere probatorio: grava sul danneggiato, il quale dovrà provare ogni elemento del danno patito (elemento soggettivo, atteggiamento colposo, evento, causa, nesso di causalità tra condotta ed evento) à prescrizione: 5 anni;
  • la struttura sanitaria (nonché il medico specialista privato) risponde per responsabilità contrattuale ai sensi dell’1218 c.c. à onere probatorio: il paziente dovrà solamente provare l’assunzione dell’obbligazione da parte dell’ente ospedaliero nonché l’inadempimento dello stesso à prescrizione: 10 anni.

L’art. 8 della legge in esame, invece, tenta di rispondere all’esigenza di ridurre il contenzioso per i procedimenti di risarcimento da responsabilità sanitaria.

Prevede, infatti, l’obbligo preliminare del tentativo di conciliazione, a carico di chi intenda esercitare tale azione ai fini della composizione della lite.

L’attore può scegliere alternativamente di:

  • proporre ricorso ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. (consulenza tecnica preventiva);
  • esperire il procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis del D.lgs. 28/2010.

La prima, peraltro, costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, nel senso che si potrà proporre domanda di risarcimento solamente dopo il tentativo di conciliazione.

È previsto un termine perentorio di 6 mesi dal deposito del ricorso (art. 8, terzo comma), dopodiché “la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’art. 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti […]”.

Ciò significa che ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine di sei mesi, l’attore avrà a disposizione 90 giorni per depositare ricorso chiedendo l’applicazione del nuovo rito sommario di cognizione avanti al giudice competente.

L’art. 9 prevede, altresì, l’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria in caso di dolo o colpa grave:

  • nel solo caso in cui lo stesso non sia stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno;
  • successivamente al risarcimento avvenuto sulla base del titolo giudiziale o stragiudiziale;
  • a pena di decadenza, entro 1 anno dall’avvenuto pagamento.

Peraltro, quanto alla determinazione del risarcimento, con l’art. 7, co. 3, II periodo il legislatore ripropone quanto era previsto dall’art. 3 L. Balduzzi, secondo cui: “il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria, ai sensi dell’art. 5 della presente legge e dell’art, 590 sexies del codice penale”.

L’art. 7, co. 4 della L. 24/2017, infine, completa la disciplina della responsabilità risarcitoria, sempre sulla scia della L. Balduzzi, e così recita: “Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo”.

Dalla lettura della norma è facile comprendere l’intenzione del legislatore, ossia la volontà di limitare e porre rimedio alle possibili incertezze di natura giurisprudenziale, nonché contenere i risarcimenti entro determinate soglie a vantaggio sia dell’esercente la professione sanitaria sia del danneggiato, con l’introduzione dell’obbligo di assicurare la responsabilità sanitaria.

3) Obbligo di assicurazione:

Tale quadro è completato dall’obbligo imposto dall’art. 10 della L. Gelli (“Obbligo di assicurazione), diretto alle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private, ai liberi professionisti indipendenti nonché agli esercenti la professione sanitaria, ossia a tutti i soggetti dalla cui attività sanitaria potrebbe sorgere un danno a terzi.

Più specificamente è previsto l’obbligo di copertura assicurativa per colpa grave:

  • per danni cagionati da personale a qualunque titolo operante, comprese attività di formazione/aggiornamento/sperimentazione e ricerca clinica;
  • oltre che per i soggetti di cui all’art. 7, co. 1 (soggetto esercente la professione sanitaria – ancorché scelto dal paziente e anche se non dipendente – di cui la struttura si avvalga nell’adempimento della propria obbligazione), per soggetti in regime di libera professione intramuraria, od esercenti l’attività nell’ambito di sperimentazione e ricerca clinica o in regime di convenzione con il S.S.N. oppure attraverso la telemedicina (art. 7, co. 2);
  • per le ipotesi di responsabilità ex art. 7, co. 3 (salva la rivalsa/azione di responsabilità amministrativa per dolo o colpa grave – per cui è in ogni caso obbligatoria un’autonoma polizza assicurativa).

È, poi, previsto l’obbligo di un’ autonoma copertura assicurativa per colpa lieve e grave per:

  • l’esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori di una delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private;
  • l’esercente che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Le strutture sanitarie hanno l’obbligo di pubblicizzare sul proprio sito internet il nominativo della propria Compagnia assicurativa, e di indicare per esteso i contratti, le clausole o le misure analoghe.

Infine, è prevista l’emanazione, entro 90 gg. dall’entrata in vigore della presente legge di un decreto con cui si stabiliscono i criteri di vigilanza demandati all’ I.V.A.S.S. (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) sulle imprese che intendano stipulare i sopracitati contratti.

 

Dott.ssa Ludovica Margonari